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Contro il Post-moderno



Luigi Corvaglia




Banalità polisillabiche

N. Chomsky

(risposta alla domanda “Cos’è il postmodernismo?”)



Les paradigmes des conneries


“Se leggete le loro frasi velocemente, suonano bene. Il rimedio è leggerle lentamente, riconoscerete così i meravigliosi paradigmi della stronzata[1]” dice Gerald A. Cohen riferendosi a celebrati philosophes quali Jacques Derrida, Gilles Deluze, Julia Kristeva o Jacques Lacan. In pratica ai più venerati pensatori francesi del XX secolo. Si, perché “La cultura filosofica che, dalla seconda guerra mondiale in poi, ha prodotto la più grossa quantità di stronzate, sia rispetto al volume sia rispetto al calore con cui queste sono state accolte, è senza dubbio la cultura filosofica francofona”[2]. Sappiatelo. Se qualcuno vi dice che “La vita è l’origine non rappresentabile della rappresentazione”[3] non è un folle, ma un seguace del decostruzionismo, una corrente che fu molto in voga non troppo tempo fa. Quella affermazione è quindi un esempio di frase decostruzionista; ma, diciamocelo, anche una stronzata (a voler parlare come i filosofi).

Il lettore potrà trovare inopportuno e poco fine l’utilizzo di questo termine, ma qui lo si usa, non solo per la indubbia efficacia descrittiva, ma anche perché è ormai un vocabolo entrato di diritto nel dibattito filosofico moderno, segno inequivocabile che la materia che il termine designa è oggetto talmente pervasivo della contemporaneità che non ci si può esimere dal farne argomento di riflessione. Infatti, non solo Gerald A. Cohen ha utilizzato l’espressione con esplicito riferimento alla scuola francese, ma Harry Frankfurt ha perfino scritto un saggio dedicato esclusivamente alla materia e intitolato appunto Stronzate[4]. L’autore, dopo aver definito l’oggetto del suo studio “uno dei tratti salienti della nostra cultura” e materia a cui “ciascuno di noi dà il proprio contributo”, ne spiega la pervasività attuale come effetto delle diverse forme di scetticismo contemporaneo. A partire dalla metà del XX secolo, infatti, una serie di correnti ideologiche hanno iniziato a confluire e poi ibridarsi in un punto della mappa culturale in cui si diffida di ogni informazione data per certa. Negli anni 50, gli artisti della beat generation, con la loro provocazione fatta di rifiuto delle norme, sperimentazione con le droghe, interesse per il misticismo orientale e proposte di stili di vita alternativi, avevano posto le fondazioni della controcultura degli anni seguenti. Nel decennio successivo, è dalle accademie del vecchio continente che l’editto contro la Ragione Illuministica verrà promulgato. In francese.

Sono le cosiddette “filosofie della crisi” generalmente inquadrate sotto l’etichetta di “pensiero post-moderno” o postmodernismo. Vi rientra il post strutturalismo di Lyotard e Levy Strauss, che supera la visione organica della realtà come sistema unitario e leggibile in modo oggettivo e scomponibile, ma anche il decostruzionismo di Jacques Derrida, così attratto da tutto ciò che è indeterminato, frantumato o appaia come deriva dell’identità. È un pensiero che si rifà a Nietzsche. Questi affermava che “non ci sono fatti ma solo interpretazioni”. In altri termini, è illusorio cercare la verità, essendo questa sempre filtrata dal vissuto esperienziale di ciascuno. Un pensiero, pertanto, che si caratterizza per una concezione relativistica del sapere, quindi per l’ostilità nei confronti della oggettività scientifica e un apprezzamento di qualsiasi tradizione lontana dal pensiero razionale. La buona novella che si diparte da Parigi è che “la modernità è finita”, dove per modernità si intende la ragione.

Si rigetta quindi la razionalità strumentale, la fiducia nel progresso e nelle possibilità di mutamento sociale, la logica kantiana, insomma tutto ciò che è venuto fuori dall’Illuminismo. Jean-Francois Lyotard, maîtres à penser a cui si deve la fortunata etichetta (suo il libro La condizione postmoderna[5] che le dava battesimo) annunciò la fine delle “grandi narrazioni”, dimostrandosi fra i migliori spacciatori di quelle formule di successo che qualcuno chiama “memi” ed altri, in modo forse meno cool, “luoghi comuni”. Il concetto è che le idee e le spiegazioni che fornivano all’uomo dei riferimenti, i punti cardinali che davano ordine al mondo, come la religione e le ideologie, hanno fallito e sono finite. L’annuncio è che l’uomo è entrato in una terra ignota e non ha una bussola. Ora, essendo la scienza la più tipica delle “grandi narrazioni” della modernità, anche questa ha perduto definitivamente la sua autolegittimazione e si è ridotta ad essere una delle possibili ideologie. Insomma, se la gioca alla pari con lo sciamanesimo e il vudù. È una cornice in cui la dimostrazione della biogenesi ad opera di Pasteur concorre con la creazione dei bioni da parte di Reich, senza alcun vantaggio.

Questo scetticismo, negando la possibilità di accedere a una realtà oggettiva, ha favorito la sostituzione delle strategie orientate alla ricerca dell’esattezza con il perseguimento dell’ideale della sincerità. In altri termini, ha sostituito la ricerca dell’oggettività, che è frutto della logica razionale, con la soggettività, cioè il sentimento, ciò che ognuno, sinceramente, sente. La “cultura filosofica francofona” a cui si riferiva Cohen ne è sicuramente importante elemento costitutivo. È ovvio che ciò abbia aperto le porte per l’immissione di teorie, pratiche e culti antitetici al pensare occidentale, inteso in senso aristotelico-galileiano, ma anche giudaico-cristiano.


Insomma, a partire dagli anni 60, un’idea di relativismo andato a male ha immesso nel mondo l’idea che ciò che conta non siano i dati oggettivi, ma quelli soggettivi. Ciò significa che i fatti dipendono da come li si vede e che, forse, tutti hanno la loro parte di ragione. Giovanni Jervis, psichiatra che non temeva certo di essere etichettato quale conservatore o anti-egualitario, visto che è stata una delle figure cardine del pensiero critico degli anni ‘70[6], ha descritto perfettamente quel milieu quando scriveva che negli anni ‘60 e ‘70 “il senso critico viene bollato come distruttivo; il richiamo all’esame di realtà è liquidato come residuo di positivismo” ma che “la negazione delle diversità personali diventa repressione dei diritti delle minoranze”[7]. Queste, infatti, hanno l’ardire di essere diverse. Insistendo sulle differenze personali, si finisce paradossalmente per negarle sul piano epistemologico e morale, asserendo l’equivalenza delle diverse scelte e opinioni. È un buio in cui tutte le vacche sono nere.

Perché il conformismo assolutista passi per antiautoritarismo e democrazia è necessario un nemico a cui far interpretare la parte dell’autoritario e lo si può facilmente trovare nell’oggettività. Infatti, l’oggettività tende a “imporsi” con l’“autorità” dei dati (che sarebbe come dire che la legge di gravità è illibertaria, perché ci toglie la libertà di saltare dal marciapiede al davanzale). Da qui la sfiducia nei saperi costituiti, nelle scienze esatte, in tutto ciò che è il cosiddetto “pensiero competente”. Ne discende un discredito, non di rado connotato di snobismo salottiero, per la cultura occidentale tout court - che su queste basi di individualismo ed oggettività si fonda -, e il recupero di tradizioni ancora non corrotte dalla modernità. Questo atteggiamento porta a rivalutare tutti i discorsi che non hanno la pretesa di essere competenti ma il merito di essere schietti, diretti, sinceri, emotivi. L’emozione è tutto. Ragione e competenza niente. Populismo e spontaneismo prendono il sopravvento. Le conoscenze esatte vengono degradate a miti condivisi e i miti rivalutati come forme universali di conoscenza. Astronomia ed astrologia, per esempio, divengono due “tradizioni”, due tribù culturali con eguale dignità, benché l’astrologia sia sicuramente più interessante, perché pre-moderna e democratica, non chiusa alla pratica per le persone non scientificamente competenti [8].


Le persone sono tutte uguali, anche le idee. Non esistono pareri più attendibili, ma solo pareri, tutti interessanti. Ma è qui che questo pseudo-egualitarismo manifesta un antiautoritarismo più apparente che reale. Lascio la parola a Jervis:


A chi fa notare che alcune teorie sono più verosimili perché meglio verificate, viene contrapposta un’obiezione: “Chi decide cosa è verosimile? Con quale autorità ci si vorrebbe portare ad arbitri della verità?”. Ma “Chi decide?” al posto di “quali fatti decidono?” dimostra la debolezza del ragionamento (…) E qui l’idea di autorità, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra. Infatti, la critica allo strapotere degli esperti non viene esercitata nel nome del diritto di andare a cercare, per conto proprio, fatti e verifiche, bensì nel nome delle emozioni, dell’immaginazione, della nobiltà di tutte le idee. Il dibattito, rifiutando il valore di prove e controlli, rinvia solo all’opinione personale, alla soggettività più o meno attendibile di qualcuno. E allora accade, inevitabilmente, che qualcuno risulti più dotato di carisma di qualcun altro, e finisca per essere più ascoltato. In pratica, non è vero che tutti i pareri siano ugualmente autorevoli: a qualche individuo più che ad altri – abbiamo tutti bisogno di padri, diceva Freud – viene attribuita una dose insolita di saggezza. In questo modo, rifiutando gli esperti ci si ritrova fra le braccia dei santoni[9].

Va da sé che la sostituzione degli “esperti” con i “santoni” non rappresenta alcun problema per lo scettico postmoderno. Con il motto “Everything goes” (“tutto va bene”), infatti, l’epistemologo austriaco Paul Feyeradend aveva già inaugurato l’anarchismo metodologico (che si potrebbe meglio definire “dadaismo”, come lo stesso Feyerabend ha ammesso in più occasioni). In testi come Contro il metodo[10], La Scienza in una Società libera[11] e Addio alla Ragione[12], Feyerabend negava qualunque valore al metodo scientifico e proponeva un programma inequivocabile:


Bisogna lasciare spazio a tradizioni in contrasto con la scienza e con il razionalismo. Si tenterà dunque di minare con tutti i mezzi disponibili il potere della scienza e del razionalismo[13].

Ci troviamo all’esatto ribaltamento di quanto scriveva Kant sull’oppressione dell’ignoranza e sul potere di liberazione del sapere. Il sapere è diventato un potere oppressivo e l’ignoranza una forza liberatoria. Il diritto ad una sorta di santa ignoranza che deriva dal relativismo radicale di Feyerabend porta con sé la sfiducia per ogni sapere competente, la pretesa “democratizzazione” della conoscenza e la competizione fra “tradizioni”, siano esse l’astronomia o la danza della pioggia. Egli infatti trovava disdicevole che


(…) benché un americano possa scegliere oggi la religione che preferisce, non gli è ancora permesso di chiedere che i suoi figli imparino a scuola la magia anziché la scienza. Esiste una separazione tra stato e chiesa e non esiste una separazione fra stato e scienza[14].

Come non bastasse, Feyerabend si fece fautore di un controllo popolare sulla scienza e sugli scienziati. Scriveva:


Quando una cosa è importante o per un piccolo gruppo o per la società nel suo insieme, tale giudizio dev’essere sottoposto all’esame più esatto. Comitati di profani eletti pubblicamente devono accertare se la teoria dell’evoluzione è davvero così ben fondata come vogliono farci credere i biologi, se una “buona giustificazione”, come la intendono loro, esaurisce veramente la questione e se nelle scuole non debbano essere presentate anche altre opinioni, come per esempio la dottrina della Genesi[15].

È questa una concezione distopica tutt’altro che emancipativa. Feyerabend anticipa, in pratica, il populismo e la demagogia dell’“uno vale uno” nei cui cascami politici la contemporaneità si trova ad inciampare. Anticipa, altresì, le tesi del comunitarismo nordamericano, corrente di pensiero non propriamente libertaria, che pretende che lo Stato riconosca le irriducibili peculiarità culturali di ciascuna comunità, avallando con ciò qualunque teoria o costume di cui queste fossero portatrici, anche qualora fossero illiberali e ostili alla democrazia. Esattamente come fanno i difensori dei culti totalitari. Mettere in luce l’esito politico dello scetticismo postmoderno è importante, perché la decostruzione della scienza e l’affermazione del relativismo degli schemi concettuali fanno parte del bagaglio progressista e la proposta alla base del postmodernismo è originariamente emancipativa. Invece, come fa notare Maurizio Ferraris,


Le critiche alla scienza come apparato di potere e come libero gioco di schemi concettuali hanno dato vita a quello che potremmo chiamare un «postmodernismo conservatore». Che è tipicamente quello a cui ricorre Ratzinger quando si serve di Feyerabend per sostenere che dopotutto quello tra Galileo e Bellarmino era un semplice confronto tra schemi concettuali equivalenti, e che i conflitti interni alla razionalità umana sono in quanto tali irrisolvibili, perché la soluzione si trova solo facendo ricorso a una razionalità superiore[16].

Il relativismo ed il dogmatismo, paradossalmente, finiscono per avere un punto di contatto. Come segnala giustamente Jervis:


Le convinzioni dogmatiche di tipo religioso sono infatti assai vicine alle posizioni relativistiche perché sono concezioni soggettivistiche: si parte dalla convinzione interiore anziché dall’esame utile della realtà, così come avviene di solito nella ricerca scientifica. Pertanto, relativisti e dogmatici si trovano, senza alcun dubbio, su trincee opposte, ma accumunati come sono dal disprezzo per la realtà finiscono per somigliarsi più di quanto vorrebbero[17].

Due più due fa quattro?


Secondo Luce Irigaray, una delle sacerdotesse del culto postmoderno, la celeberrima formula di Einstein E= MC2 sarebbe


.un’equazione sessista” perché “privilegia la velocità della luce rispetto ad altre (meno maschili) velocità che sono per noi di importanza vitale”18].

La pretesa che la realtà fisica si adegui al sentire della venerata maestra, offesa dalla cattiva considerazione di Einstein per forze che le sono care perché “meno maschili”, è il perfetto esempio tanto della pretesa demolitoria dell’oggettività quanto dell’intento militante di tale pretesa. Si pensi che l’illustre filosofa, linguista e psicoanalista condannava


“il privilegiare della meccanica dei solidi rispetto a quella dei fluidi e di fatto l’assoluta incapacità della scienza di affrontare il flusso turbolento” a causa del pregiudizio contro la fluidità femminile. Infatti, “laddove gli uomini hanno organi che protudono e diventano duri, le donne hanno aperture da cui sgorga sangue mestruale e fluidi vaginali”[19]. La solennità con cui quelle che autori meno fini del sottoscritto hanno definito “stronzate” vengono proferite è indice del timore reverenziale che la “scuola del sospetto”, dilagata nelle accademie americane col nome di french theory, incuteva. Chiunque osasse mettere in dubbio la sicumera di autori che si esprimevano su materie come matematica, fisica o chimica senza conoscerne i fondamenti era bollato come rappresentante di un anacronistico residuo di oggettivismo, un reazionario culturale, un fascista dell’epistemologia. Da un certo punto in poi, essere competenti nella materia su cui ci si esprime sembra quasi diventare un handicap. La diffidenza verso il pensiero competente tracimerà poi nello strato sociale posto in posizione sottostante a quello dell’accademia in una gerarchia intellettuale, cioè quello della media cultura (la Midcult di Dwight McDonald), nobilitando un qualunquismo populista e scettico già presente, soprattutto negli Stati Uniti. Come aveva dichiarato lo scrittore Isaac Asimov:


C’è un culto dell’ignoranza negli Stati Uniti, e c’è sempre stato. Una vena di antintellettualismo si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che democrazia significhi “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza [20].

Tom Nichols, su questa morte della competenza ha scritto un saggio diventato famoso, recentemente edito in Italia col titolo di La conoscenza e i suoi nemici[21], in cui sottolinea come la diffidenza verso le competenze ha portato prima alla disinformazione e poi all’ “errore aggressivo”, perché ciò che rende temibile il fenomeno è il fatto che si presenti in forme rabbiose verso supposte elites culturali, politiche ed economiche, con gravi rischi per la democrazia.

Feyerabend, come già visto, ha avuto enorme ruolo nel processo di nobilitazione di questo qualunquismo. Ogni opinione conta quanto qualunque altra. La fisica femminista della Irigaray vale quanto quella di Einstein, l’orgone e i bioni di Reich quanto Pasteur. Questa diffidenza si estende alle verità ufficiali diffuse dai media (controllati dal Potere) e dalla medicina (controllata da Big Pharma). Una democratizzazione che banalizza materie complicate. D’altro canto, gli autori post-moderni arrivano a produrre questo esito complicando moltissimo quelle che sono pure banalità (Noam Chomsky definirà l’intero fenomeno postmodernista “banalità polisillabiche”). Il maestro in questo è stato lo psicoanalista Jacques Lacan. Egli cercò di conferire rigore sistematico al suo decostruzionismo esprimendolo con questa formula:



Ovviamente, questa formula non significa niente, ma Lacan la lesse così:


Così l’organo erettile viene a simbolizzare il luogo della jouissance [estasi], non nella sua forma e neanche della sua immagine, ma come una parte che manca dell’immagine desiderata: ecco perché è equivalente alla radice quadrata di – 1 della significazione precedente, della jouissance, che esso riporta, tramite il coefficiente della sua affermazione, alla funzione della perdita di significante (-1)[22].

Il commento di Barbara Ehrenreich fu “cosa ci importa se qualche francese vuole ritenere il suo pene la radice quadrata di meno uno?”[23] Certo, se leggiamo lentamente la frase di Lacan, come ci diceva Cohen, è facile cogliere la materia di cui è costituita. Si vede che l’Intellighenzia più elitaria degli anni ottanta e novanta usava leggere velocemente e farsi ubriacare del suono delle parole. Il gioco mostrò la corda nel 1996, quando Alan Sokal si rese protagonista di una delle beffe scientifiche meglio riuscite della storia. Sokal è un fisico attualmente docente presso la New York University, di orientamento socialista, che in quegli anni era alquanto infastidito dal fatto che fossero proprio i progressisti a farsi promotori di questo relativismo epistemologico, quando nei secoli precedenti avevano sostenuto l’oggettività scientifica contro l’oscurantismo. Decise così di fare un esperimento sociologico: scrisse un articolo da proporre al comitato di redazione della nota rivista Social Text, composto da alcune delle più fulgide celebrità del postmodernismo statunitense. Il titolo era Trasgredire i confini: verso un’ermeneutica trasformativa della gravità quantistica[24]. Già l’intestazione nella neo-lingua postmoderna avrebbe dovuto essere la spia di un intento parodistico che i redattori di Social Text non colsero, come non colsero le assurdità e gli strafalcioni di cui il testo era volutamente disseminato. Vi si potevano leggere periodi come:


La π di Euclide e la G di Newton, precedentemente ritenute costanti universali, adesso sono percepite nella loro ineluttabile storicità.

Oppure proclami contrari all’oggettività intesa come


(…) il dogma imposto dalla prolungata egemonia del post-Illuminismo (…) che esista un mondo esterno le cui proprietà siano indipendenti da ogni singolo essere umano e di fatto dall’umanità in generale;

Aldilà di simili assurde affermazioni di soggettivismo (π e G sono ovviamente costanti universali indipendenti da interpretazioni), le parti più pregnanti e gustose dello scritto si ritrovano nei periodi più engagé e militanti di cui il seguente è un ottimo esempio:


Proprio come le femministe liberali spesso si accontentano di una minima agenda di uguaglianza legale e sociale per le donne e di “pro scelta”, così i matematici liberali (e perfino qualcuno socialista) sono spesso contenti di lavorare all’interno dello schema dominante Zermelo-Fraenkel (che, rivelando le sue origine liberali ottocentesche, già incorpora gli assiomi di uguaglianza) integrato solo dall’assioma della scelta. Questo schema, tuttavia, è del tutto insufficiente per una matematica liberatoria[25].

Una “matematica liberatoria” che superi, quindi, una matematica semplicemente “liberale” e ancora ferma, come il femminismo liberale, all’assioma della scelta… basterebbe ciò a fare di Sokal un vero genio della beffa culturale, ma egli arrivò a proclamare che i compiaciuti onanismi verbali di Lacan erano stati confermati dalla Teoria dei quanti e che le decostruzioni semantiche di Derrida dimostravano la Teoria della Relatività Generale di Einstein![26]

L’articolo passò gloriosamente la revisione dei professoroni di Social Text e venne pubblicato. Una settimana dopo, comparve su Lingua Franca, un breve saggio in cui Sokal svelava il suo scherzo[27]. Grande fu lo scandalo, grandissimo l’imbarazzo. Le maggiori riviste ne scrissero molto e a lungo, dando anche spazio alle repliche dei maestri del pensiero postmoderno. Derrida, ad esempio, diede a Sokal del “poco serio”. Il direttore di Social Text dell’ignorante, cosa divertente visto che l’intero comitato redazionale della sua rivista aveva fatto passare il testo considerandolo degno. Fu ascoltata anche Julia Kristeva, accusata da Sokal di infarcire i suoi saggi sulla poesia di riferimenti al calcolo differenziale, agli spazi funzionali infiniti di Hilbert, alla geometria algebrica ed alla fisica quantistica senza conoscerne il significato. Invitata da Le Nouvelle Observateur, La Kristeva rispose candidamente “ovviamente non sono una matematica”[28]. Insomma, una gran brutta figura per lo scintillante mondo del postmodernismo. Eppure, come Pasteur non impedì Reich, la vergogna inflitta da Sokal non fermò la prosopopea dei postmoderni. Ancora nel 2016 veniva pubblicato un saggio il cui titolo ed i cui contenuti fecero pensare ad un nuovo “Affare Sokal”. Si chiamava Ghiacciai, genere e scienza: Un framework per una scienza dei ghiacci femminista per la ricerca globale sul cambiamento ambientale (Glaciers, gender and science: a feminist glaciology framework for global environmental change research)[29]. Questi, però non scherzavano.




[1] In Sgobba, A., L’irresistibile fascino delle stronzate, Il Sole 24 ore, 16 Novembre 2012 (https://tinyurl.com/s2qfq3a) [2] Ibidem [3] Derrida, J., Il teatro della crudeltà e la chiusura della rappresentazione, Einaudi, Torino, 1971, p. 306 (Ed. It.) [4] Frankfurt, H. G., Stronzate. Un saggio filosofico, Rizzoli, Milano, 2005 (Ed. It.) [5] Lyotard, J.F., La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano, 1981 (Ed. It.) [6] Jervis, G., Manuale critico di Psichiatria, Feltrinelli, Milano, 1975 [7] Jervis, G., Individualismo e cooperazione. Psicologia della politica, Bari, Laterza, 2002, p. 131 [8] Ibidem [9] Ivi, p. 138 [10] Feyerabend, P., K., Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1979 (Ed. It.) [11] Feyerabend, P., K., La scienza in una società libera, Feltrinelli, Milano, 1981 (Ed. It.) [12] Feyerabend, P., K., Addio alla ragione, Armando editore, Roma, 1990 (Ed. It.) [13] Feyerabend, P., K., La scienza in una società libera, op. cit., p. 162 [14] Feyerabend, P., K., Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1979, p. 244 [15] Feyerabend, P. K., La scienza in una società libera, op. cit., p. 162 [16] Ferraris, M., Perseverare è diabolico. Dialettica del postmodernismo, Micromega, 9 Dicembre 2011 (https://tinyurl.com/uhcb6oa) [17] Jervis, G., (a cura di M. Marraffa), Contro il sentito dire, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 210 [18] In Wheen, F., Come gli stregoni hanno conquistato il mondo, Isbn Edizioni, Milano, 2005, p. 94 (Ed. It.) [19] Ibidem [20] Asimov, I., A cult of ignorance, Newsweek, 21 Gennaio 1980 [21] Nichols, T., La conoscenza e i sui nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia, LUISS University Press, 2018 (Ed. It.) [22] Wheen, op. cit., p. 94 [23] Ibidem [24] Sokal, A., Transgressing the Boundaries: Toward a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity, Social Text n. 46-47, Primavera-estate 1996, pp. 217-252 [25] In Wheen, op. cit., p. 97 [26] Ibidem [27] Sokal, A., A Physicist Experiment with Cultural Studies, Lingua Franca Magazine, Luglio 1996 [28] Kristeva, J., Une disinformation, Le Nouvelle Observateur, Settembre 1997 [29] Carey, M. et al., Glaciers, Gender and Science: a feminist glaciology framework for global enviromental change research, Progress in Human Geography, 10 Gennaio 2016 [30] In Turner, C., Wilhelm Reich: the man who invented free love, The Guardian, 8 Luglio 2011 (https://tinyurl.com/uklsr79) [31] Ibidem [32] Spiegelberg, F., The Religion of No-Religion, J.L. Delkin, San Francisco, 1948 [33] Cit. in Ferguson, M., The Aquarian conspiracy, Los Angeles, Tarcher inc., 1980, p. 5 [34] Huxley, A., Le porte della percezione - Paradiso e inferno, Arnoldo Mondadori Editore, 2005 (Ed. It.) [35] Pearls, F., La terapia gestaltica parola per parola, Astrolabio, Milano, 1980 [36] Jolly, L., Corso di massaggio californiano, De Vecchi editore, Firenze, 1994 [37] Rolf, I., Rolfing. Il metodo per ristabilire l’allineamento naturale e l’integrazione strutturale del corpo umano per ottenere vitalità e benessere, Edizioni Mediterranee, Roma, 2003 (Ed. It.) [38] La Next Age è la deriva individualistica della New Age. I seguaci della Next Age non credono che l’Universo stia entrando in una fase di prosperità e spiritualità superiore, ma ritiene che ognuno di noi possa individualmente raggiungere uno stato di consapevolezza e benessere. Una rilevante novità è il channeling di entità extraterrestri definite “Pleiadiani” in eterna lotta con i “Rettiliani”, stirpe rettiloide che vivrebbe in incognito sulla terra e ne guiderebbe nascostamente le sorti, visti i contatti (e addirittura legami di sangue) con i potenti del pianeta. A questa mitologia sono legate molte teorie cospiratorie che includono la fantomatica setta degli “Illuminati” (fra i massimi divulgatori di queste tesi è l’inglese David Icke, autore di testi come Figli di Matrix. Da migliaia di anni una razza proveniente da un’altra dimensione tiene soggiogata l’umanita... agendo sotto i nostri occhi, Macro Edizioni, 2002).

[39] Spangler, D., Defining the New Age, in The New Age Catalogue. Access to Information and Sources, Island Publishing Company-Doubleday, New York 1988, p. XI [40] Lodovici, E., S., Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, Milano, 1979, p. 169 [41] Lachman, G., Jung il mistico. Dimensioni esoteriche della vita e degli insegnamenti di Carl G. Jung, Edizioni Mediterranee, Roma, 2012 [42] Jung, C.G., La sincronicità, Bollati Boringhieri, Torino, 1980 (Ed.It) [43] Teodorani, M., Sincronicità. Il legame fra Fisica e Psiche – Da Pauli a Jung e Chopra, Diegaro di Cesena, Macro Edizioni 2006 [44] Capra, F., Il Tao della Fisica, Adelphi, Milano, 1982 (Ed.It.) [45] Bailey, A., Il discepolato della Nuova Era, Vol. I, Lucis, Ginevra, 1975 (Ed. It.) [46] Assagioli, R., Psicosintesi, Edizioni Mediterranee, Roma, 1983 [47] Codignola, A., LSD. Da Albert Hofmann a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: storia di una sostanza stupefacente, UTET, Torino, 2018, p. 82 [48]https://tinyurl.com/rkcvmux

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